“Predicare bene, razzolare male”: secondo il vocabolario Treccani sta a significare colui che nel parlare sembra persona giusta e onesta, mentre nelle azioni si comporta in modo ingiusto e disonesto. Aggiungiamo noi che tale motto proverbiale spesso è riferito a gente di chiesa, come viene indicato esplicitamente da quest’altro: “Da che pulpito viene la predica”. Ma, a onor del vero, non si pensi che tali comportamenti deplorevoli siano esclusiva del mondo cattolico o più in generale cristiano (simonia, nepotismo, nicolaismo, ecc.). Questo discorso tocca trasversalmente i membri di tutte le confessioni religiose. A tale proposito si può leggere l’articolo (apparso su “Il manifesto” di mercoledì 19 agosto) sulle disavventure in cui di recente è incappato l’abate del tempio buddhista più famoso della Cina.

Il Tempio Shaolin, ovvero 1.500 anni di mito, fascino, grande notorietà, spiritualità, un sogno per molti visitatori, luogo di culto per i buddisti. Centro nevralgico di «wuxia», mitici eroi marziali, del kung fu e del buddismo. E tutto rischia di vanificare sotto i colpi dell’ennesimo scandalo.
L’abate e businessman, Shi Yongxin, che nel 1999 ha preso la guida del Tempio Shaolin, è nuovamente nell’occhio del ciclone. Negli anni scorsi era stato accusato di varie empietà per un religioso: sarebbe stato pizzicato con prostitute durante un raid della polizia, si sarebbe scoperta la presenza di telecamere nascoste, avrebbe stretto accordi miliardari con Hollywood (ridicolizzando gli eroi del kung fu) e avrebbe accettato ogni tipo di tangenti, comprese macchine di lusso, su cui si è fatto fotografare tutto contento.
E ora è accusato di avere figli sparsi in giro per il mondo e per alcuni giorni è svanito nel nulla (e non per capacità sovranaturali). Pechino avrebbe aperto un’inchiesta su di lui, non solo per questioni sessuali, ma anche per mazzette e appropriazione indebita. Uno scandalo che il Partito comunista ha colto al balzo, per screditare il buddismo e in generale le religioni e sigillare la sua centralità in quanto organo ateo e in grado di migliorare la vita delle persone attraverso il benessere.
Lo scorso maggio il presidente Xi Jinping era stato sufficientemente chiaro: «Le religioni devono essere indipendenti da influenze esterne, dato che il governo chiede ai gruppi religiosi nazionali di giurare fedeltà allo Stato. La Cina è governata dal Partito Comunista ufficialmente ateo».
Non sorprende, quindi, che negli ultimi tempi le religioni abbiano avuto vita piuttosto dura in Cina. In un paese in cui la leadership tenta di dare un’identità che sappia unire, o meglio riunire, confucianesimo e maoismo, a confermare una sorta di crisi etica del paese, non pochi si sono rifugiati nei credi religiosi. Si sono moltiplicate le piccole sette, credenze fai da te (nelle grandi città spopolano e in alcuni casi, ma sono chiacchiere da web, avrebbero dato vita anche a episodi di suicidi di massa) e naturalmente le conversioni a grandi religioni come il cristianesimo e il buddismo.
E proprio il buddismo ha di fronte a sé una sfida piuttosto dura, perché vive un momento di grande notorietà non proprio per fatti illuminati o tesi a sottolineare la bontà di certi comportamenti.
L’abate del Tempio Shaolin è nuovamente nel bel mezzo di uno scandalo, perché secondo un ex monaco del Tempio non solo se la sarebbe spassata con molte donne, alcune suore buddiste, ma avrebbe anche alcuni figli sparsi per il mondo. Si tratta delle ennesime peripezie di Shi Yongxin, 50 anni, volto ormai noto del tempio Shaolin, soprannominato «l’abate Ceo» per la svolta «business» che ha impresso ad un luogo famoso in Cina (e nel mondo).
Tra le sue trovate, oltre a concedere la location a film e pubblicità, anche quella di presentare il Tempio addirittura nel listino della borsa nazionale. Personaggio discusso e discutibile è ancora una volta al centro di quello che ormai si può definire un caso nazionale, dato che per alcuni giorni è sparito dalla circolazione.
Secondo alcuni sarebbe stato arrestato, secondo altri sarebbe invece, meno eroicamente, scappato. Alla fine il mistero è rimasto, ma quanto meno l’abate è ricomparso, facendosi fotografare un po’ da chiunque mentre commemorava i morti nella tragedia di Tianjin (forse ha saputo del messaggio «cinese» di papa Francesco e non ha voluto essere da meno).
All’abate non manca il ritmo: sa bene quando è il momento di uscire allo scoperto, per cavarsi d’impiccio e magari uscire indenne dall’ennesimo fuoco. Di sicuro il suo riapparire con il volto teso e raccolto nella concentrazione del lutto, potrebbe giocare a suo favore dal punto di vista dell’immagini. È probabile –però — che i solerti funzionari del Partito che l’hanno messo sotto inchiesta si facciano commuovere molto meno.
Andiamo con ordine: il “Global Times”, quotidiano ufficiale in lingua inglese del Partito comunista, voce non certo indipendente, riporta così i fatti: «Lo scandalo sessuale riguardante l’abate del Tempio di Shaolin, Shi Yongxin, si è intensificato dopo che un seguace ha divulgato ulteriori elementi di prova a sostegno della sua affermazione».
Shi Zhengyi, il delatore che afferma di essere un ex seguace del Tempio di Shaolin nella provincia centrale cinese dello Henan, «ha pubblicato un articolo su vari forum online dicendo che l’abate intratterrebbe rapporti sessuali con molte donne e avrebbe dei figli illegittimi».
Shi Zhengyi — l’accusatore — non si sarebbe fermato ad un post on line, ma avrebbe anche divulgato altre prove per dimostrare «che l’abate fu espulso dal Tempio Shaolin nel 1988, e ha fornito informazioni circa l’identità di una donna che è presumibilmente la madre del figlio illegittimo di Shi Yongxin». «Con tutte queste prove, perché Shi Yongxin non si presenta per fare un test di paternità?» ha detto Shi Zhengyi ai media.
Shi Yongxin non è nuovo a queste accuse: nel 2013 il quotidiano spagnolo El Periodico ha riferito di un’amante dell’abate, una studentessa universitaria di Pechino, e di un figlio che vive in Germania. Il Tempio allora respinse in modo fermo le accuse. Shi Zhengyi nel suo articolo definisce l’abate una «tigre», appellativo spesso utilizzato in riferimento agli alti funzionari corrotti.
«Secondo quanto riportato, le figlie e i nipoti dell’abate vivrebbero con la madre di Shi Yongxin nella provincia dell’Anhui». Nei giorni scorsi le voci sono diventate una valanga di veleno, finendo per occupare anche i palinsesti della Cctv, la tv nazionale. Del resto il Tempio di Shaolin ha una storia contorta alle spalle, perché più volte non ha avuto vita facile in Cina.
L’ultimo attacco avvenne durante la Rivoluzione culturale, quando la pratica del kung venne condannata «come decadenza religiosa» e il Tempio fu quasi lasciato morire da Pechino. Ma come ha scritto il Telegraph, «nell’abbraccio entusiasta dello spirito commerciale cinese del 21° secolo, l’abate Shi ha guidato il Tempio verso nuovi percorsi lucrativi, istituendo il «marchio» Shaolin, la creazione di avamposti stranieri e allestendo tour con squadre di monaci guerrieri altamente coreografici».
Tornando all’attualità, nelle settimane scorse si diceva che Shi avrebbe usato un viaggio organizzato all’estero «per scappare dalla Cina e sfuggire così alle accuse esplosive di appropriazione indebita di denaro». Ma la notizia più rilevante arriva dalla Cina, perché nonostante il sospetto che molte voci sulle peripezie sessuali dell’abate non siano verificate, è stato comunque aperta un’inchiesta ufficiale: «Il nostro ufficio prende questa storia con assoluta serietà e chiarirà rapidamente la situazione…per garantire una corretta comprensione della questione», ha dichiarato il Dipartimento degli Affari Religiosi in un avviso pubblicato sul sito governativo della città.
Nonostante le polemiche che ha dovuto affrontare da quando è diventato abate nel 1999, «Shi ha già operato con la benedizione delle autorità, è stato membro del Congresso Nazionale del Popolo e vicepresidente dell’Associazione Statale Buddhist Association of China».
Forse — come ha scritto il “Global Times“ — «l’abate gode di grande prestigio e di un forte sostegno pubblico nella sfera d’influenza del Tempio Shaolin, il che ha spinto i suoi seguaci a preoccuparsi del suo presunto trattamento ingiusto. Ma le loro parole indicano una certa aggressività verso il pubblico. Molte persone ora suppongono che questo atteggiamento possa ben riflettere lo stile di vita e di lavoro del Tempio».
La risposta alla domanda se Shi sia effettivamente colpevole, scrive il “Global Times“, arriverà con l’inchiesta e a quel punto bisognerà vedere «l’opinione che la gente avrà del buddismo per molto tempo a venire».
Simone Pieranni